Quella tra le Olimpiadi e Sergej Bubka è una storia d’amore cominciata male e finita peggio, con un solo grande momento di gioia e moltissimi incidenti di percorso: politici, muscolari e di sfortuna pura.
Icona sportiva globale tra anni ottanta e novanta, Bubka è un caso esemplare di atleta capace di creare un’identificazione quasi totale, agli occhi del grande pubblico, tra la propria disciplina e sé stesso. Anche chi non sapeva nulla di atletica leggera sapeva che dietro a quel nome facile da pronunciare, evocativo, liberatorio, c’era il dominatore assoluto del salto con l’asta. A vederlo in televisione, con le narici larghe, il viso segnato e il mento sporgente che gli faceva scomparire i denti di sotto, uno gli avrebbe dato molti più anni di quelli che aveva. Mai ti saresti aspettato quella forza, quella capacità di impugnare un’asta così pesante e correre così leggero. Bubka sembrava sempre sul punto di conficcarsi l’asta nel petto e morire. Poi invece volava in alto e oltre l’asticella, senza nemmeno sfiorarla e ricadendo sul materassino.
https://www.internazionale.it/opinione//2020/05/10/sergej-bubka-barcellona-1992
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