Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna, chi non sa insegnare insegna educazione fisica (Woody Allen)

lunedì 18 aprile 2011

Troppi ostacoli nella corsa al lavoro per gli studenti di Scienze motorie

Sono 50mila e dopo la riforma hanno alzato la voce, forse per la prima volta: cinque anni di corsi ("Spesso ottimi", dicono) per ritrovarsi schiacciati tra medicina e fisioterapia. Mentre fuori d'Italia la loro specializzazione è un passaporto sicuro.
Tra studenti e laureati il numero dei ragazzi che dal 2003 hanno investito il loro futuro negli studi di scienze motorie, ha toccato le 50.000 unità: in Italia si contano 23 facoltà sparse in modo omogeneo lungo tutto il paese e a Roma sorge l'ateneo del Foro Italico, forse la più prestigiosa e rappresentativa università di settore, erede dell'Isef, passata attraverso i burocratici cambiamenti dell'ex IUSM (Istituto Universitario di Scienze Motorie) e oggi a tutti gli effetti quarta università della città. E in giorni bollenti di contestazioni studentesche alla riforma Gelmini, in un momento in cui l'incrocio tra chi studia e chi cerca lavoro finisce sempre più spesso sotto la voce "disoccupazione", era fisiologico che la stessa base degli studenti di scienze motorie finisse per alzare la voce, nel tentativo di far capire il kafkiano stato in cui si trova oggi lo studente che ha scelto un simile indirizzo.
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