Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna, chi non sa insegnare insegna educazione fisica (Woody Allen)

lunedì 3 ottobre 2016

Samia Yusuf Omar. Una tragica corsa per la libertà

Pechino, Giochi Olimpici 2008, primo turno delle eliminatorie, quinta batteria. Si corrono i 200 metri femminili.
Quando già la giamaicana Veronica Campbell-Brown ha ripreso respiro e sorride a tutte le telecamere, arriva Saamia. È l’ultimissima. L’unica ancora in pista. Il pubblico un po’ ride, i commentatori di tutte le lingue non trattengono il sorriso, forse è un sogghigno. Le altre atlete, inclusa l’italiana Vincenza Calì, sono arrivate tutte assieme, con qualche centesimo di secondo di scarto. Samia taglia il traguardo dieci secondi dopo la giamaicana. Dieci secondi di corsa solitaria sulla pista. Dieci secondi di sorrisi, forse sogghigni, ma soprattutto applausi. Lo stadio intero mette da parte i risolini ed esplode in un’ovazione collettiva, accompagnando le falcate magre dell’atleta somala, la rappresentante femminile della Somalia ai Giochi della XXIX Olimpiade, con applausi, incitamenti, tenerezza.
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