Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna, chi non sa insegnare insegna educazione fisica (Woody Allen)

lunedì 14 febbraio 2011

Più che i record, conta il fascino del silenzio

La subacquea è uno sport bellissimo e può essere praticato anche da chi non è un atleta o ha addirittura delle minorazioni fisiche o sensoriali. Non è quindi giusto - secondo il presidente dell'ADV, l'Associazione Disabili Visivi che negli ultimi sedici anni ha avviato allo sport subacqueo parecchie decine di non vedenti e ipovedenti italiani - parlarne come di un'attività da "record mondiale", tanto meno quando ciò non corrisponde alla realtà.
La testa scompare sotto la superficie del mare e si apre un altro stupendo mondo e un'altra sorprendente dimensione: quelli di un elemento che occupa i due terzi della superficie della terra.
Di fronte alle meraviglie dei fondali marini, appare piuttosto freddo parlare di record mondiali e di guinness dei primati, come è stato fatto qualche giorno fa su queste colonne. Non si fa un buon servizio alla diffusione dello sport subacqueo facendo credere che esso sia un'attività "da superatleti". E ciò a prescindere dal fatto che diversi nostri associati non vedenti abbiano raggiunto profondità ben maggiori rispetto ai 41 metri della giovane ipovedente siracusana, di cui si parlava in quell'articolo: infatti, Maria Luisa Gargiulo, una non vedente napoletana con circa ottocento immersioni al suo attivo, nel 1997 ha nuotato a 42,9 metri insieme a una testuggine. Luca Mezi, un fisico dell'Enea, è probabilmente l'unico cieco ad essere in possesso del brevetto Technical Deep Air 60 metri. Lo stesso scrivente, cieco assoluto, durante una delle sue quasi milleduecento immersioni nei mari tropicali, ha superato i 61 metri alla tenera età di 70 anni, ma non per battere un record, bensì per accarezzare un'enorme spugna tropicale a tubo lunga oltre due metri.
(...)
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