Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna, chi non sa insegnare insegna educazione fisica (Woody Allen)

lunedì 30 marzo 2009

Una pista, una pedana, una palestra. Quando lo sport si fa tutti insieme

Trenta giovani con le più diverse disabilità sulla pista di una scuola media romana, fra lancio del giavellotto, salto in lunga, pesistita, pattinaggio e anche una scuola di circo. Abbiamo visitato la scuola media Ludovico Pavoni di Roma dove da anni si mette in pratica lo sport integrato. Viaggio in una scuola dove l'educazione fisica è al servizio di tutti.
Oltre 30 giovani con le più diverse disabilità, studenti normodotati di ogni età, alunni ed ex alunni, genitori, preparatori atletici, insegnanti di educazione fisica e facilitatori, nonni, assistenti e volontari, bidelle e anche qualche curioso. E' una folla varia, divertita e divertente quella che trovi alla Scuola media Ludovico Pavoni di Via Laparelli a Roma. Nell'impianto sportivo a pochi passi dall'edificio scolastico. Grazie anche alla collaborazione del Cip e dell'Asd - Us Acli III Millennio, lo sport è per tutti. L'idea - dice Gianni Alessio, insegnante di educazione fisica e allenatore di atletica leggera - è quella di vivere l'integrazione e di portarla poi non solo nella scuola, ma anche nello sport e nei Giochi studenteschi". Perché tanti genitori di figli disabili - dice citando il presidente Cip Luca Pancalli - cercano solo la fisioterapia e non arrivano a pensare allo sport come terapia, come riabilitazione.
A ben vedere non è la disabilità ad essere protagonista sulla pista in tartan. C'è Oxana, 13 anni appena e pluriprimatista; c'è Sara, 14 anni, e il suo pattinaggio artistico; ci sono Claudio e Valerio, adulto il primo e adolescente il secondo, alle prese con il getto del peso; c'è Andrea, 35 anni, che corre sulla pista; ci sono Gregorio e Matteo, adolescenti, che si preparano per una ripetuta; c'è Laura, 23 anni, universitaria e atleta paralimpica che sogna una medaglia; c'è Cristian con i suoi primati; c'è Simone che fa i pesi ridendo; ci sono Stefano, Daniele e Cinzia che guardano il cronometro e maledicono il tempo. Tutti insieme, con i colleghi normodotati non meno protagonisti di loro. Schizofrenia, autismo, disabilità fisica, delazione del cromosoma 22, esiti di emiplegia e paraplegia: le diagnosi sono diverse, ma lo spirito è essenzialmente sportivo. Una pista di pattinaggio, un circuito in tartan di quasi 300 metri, una pedana per il salto con l'asta e una pedana pe r il salto in lungo, la postazione per il lancio del peso e del giavellotto, una sala per la pesistica e una palestra completano questa visione.
C'è competizione, allenamento, sudore, ma anche auto-aiuto e fenomeni particolari. Come giudicare, infatti, il giovane con autismo che, guardando in volto il collega più giovane - sempre con autismo - si china a raccogliergli la mano per correre insieme? Come immaginare un gruppo sportivo in cui le disabilità fisiche si mescolano a quelle psichiche e alla realtà dei normodotati? Come spiegare la soddisfazione dei genitori-allenatori che, cronometro alla mano, quasi dimenticano la diversità dei loro figli? Come riproporre le parole di un allenatore, il professor Gianni Alessio, che già nel corso degli anni '90 portò Emanuele, suo alunno tredicenne colpito da spina bifida, a vincere i campionati regionali studenteschi e a proporsi per quelli italiani? Come immaginare che una struttura di siffatto spessore, umano e sportivo, si regga in piedi solo grazie alla volontà di persone testarde, ma propositive?
Le difficoltà esistono. Tutti i giorni. "Strutture poco accoglienti, intanto - spiega il professor Alessio - anche se qui da noi grazie ad un finanziamento della Provincia siamo riusciti a mettere in piedi uno spogliatoio senza barriere, diviso per maschi e femmine; la stessa pista - spiega - è un vecchio dono del Comune di Roma". "Mi piacerebbe che lo sport integrato fosse favorito e impostato su termini giusti. Il regolamento per la gestione di impianti sportivi comunali, come questo, - continua - non prevede punti in più per quelle società sportive che si impegnano nello sport integrato. Non nello sport per i disabili, intendiamoci, ma nello sport integrato". E quando gli viene quale sarebbe l'azione giusta da fare, il professor Alessio non ha dubbi: "Servirebbe un bollino di qualità per tutte quelle realtà sportive che integrano la disabilità, ma in modo completo, agonistico ed efficace".
(fonte: Press-IN anno I / n. 622 - SuperAbile.it del 30-03-2009)
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Progetto Lettura Agevolata del Comune di Venezia.

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