Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna, chi non sa insegnare insegna educazione fisica (Woody Allen)

martedì 6 agosto 2024

Il mestiere delle armi

Affascinante e controversa: racconto della scherma, dove l’attacco ha sempre ragione

Se dovessero chiedermi a che cosa penso quando penso alla scherma, risponderei: al controllo. Penso anche a molte altre cose, certo, il guanto di pelle incartapecorito quando s’impregna di sudore, la divisa in kevlar a mo’ d’armatura, l’attrito della scarpa che si trascina nell’affondo, i lividi sulle cosce, il sollievo del togliersi la maschera dopo un assalto. Però se dovessi scegliere una parola, allora sceglierei «controllo». È una disciplina estremamente fisica, aggressiva — di contatto — dove ogni movimento è aggraziato e ben studiato, e le due cose sono tutt’altro che in contrasto fra loro. Non è quello che si dice uno sport per signorine. Fino a tempi più recenti di quanto non si tenderebbe a pensare, non lo è stato nel senso più letterale. Nel mondo della scherma che ho conosciuto, le donne erano ancora escluse per regolamento dall’arma più nobile: con la stessa miscela di religiosità e spacconeria con cui il Giappone ancora oggi proibisce alle femmine anche di sfiorare il dohyō, il sacro ring del sumo, onde non profanarne la santità, fino a poco più di due decenni fa l’Occidente ancora impediva alle sue donne di tirare di sciabola.

https://www.rivistaundici.com/2024/07/30/scherma-racconto-letteratura/

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