Sembrava accadessero miracoli all’ospedale di Stoke Mandeville, nel Buckinghamshire. Anche se, dopo aver assistito all’ecatombe del secondo conflitto mondiale, la gente stentava a crederci.
La guerra era cessata, lasciando dietro di sé un’oscura scia di devastazione; macerie, cadaveri senza volto né nome e ferite, alcune delle quali inguaribili. Era in atto un lento e inarrestabile processo di rinascita.
Il primo febbraio 1944 la direzione di Stoke Mandeville fu affidata al neurologo tedesco Ludwig Guttmann; non si trattava di un uomo qualunque. Lui aveva una missione.
Il personale del centro si stupì dell’entusiasmo con cui il Dottor Guttmann, laureato a Oxford e molto conosciuto in Germania, accoglieva un incarico che era a tutti gli effetti disperato. A Stoke Mandeville c’era poco da fare; d’altronde tutti sapevano quale fosse la sorte di chi aveva una lesione spinale: si trattava di malati terminali. Ma Guttmann non era dello stesso avviso.
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