Funziona così: tutti sanno e (quasi) nessuno dice. Ci sono club di serie A, ultrà, carabinieri e poliziotti: sembra una barzelletta, ma non fa ridere. Ci sono biglietti e favori, minacce e accordi: un romanzo sportivo, un po’ troppo spesso illegale, a volte criminale. Molto italiano, insomma.
L’incipit sonnecchia nell’afa d’inizio agosto, quando un ex dirigente juventino confessa: davamo biglietti agli ultrà, pagati ma comunque in modo illegittimo, per avere uno stadio sicuro. Se può capitare nella società meglio organizzata d’Italia, figurarsi altrove. Difatti: «E’ una cosa abbastanza generalizzata, anche se stiamo migliorando, piano piano», confida un funzionario di Polizia, che da vent’anni si occupa di tifosi, stadi e violenza. Tra le tribù del tifo organizzato, i dirigenti di calcio, le forze dell’ordine nessuno fa una piega: «Lo sanno tutti». Soprattutto, in certi casi, diffidate anche della pace: avverte Luca Di Bartolomei, responsabile Sport del Pd: «Quando non ci sono guerre, gli affari vanno meglio». Vale anche per quel che c’è attorno alle partite di pallone.
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