Una nuova sentenza del Tribunale dello sport ha fatto riparlare dei regolamenti per stabilire se alcune atlete donne lo sono "abbastanza" per gareggiare
Alle prossime Olimpiadi di Rio, l’atleta Dutee Chand sarà la prima donna indiana dal 1980 a correre i 100 metri. Per riuscirci non ha dovuto affrontare come gli altri atleti solo il normale percorso di qualificazione, ma anche un lungo e umiliante processo per stabilire se è davvero una donna. Il 27 luglio del 2015 il Tribunale arbitrale dello sport (Tas, con sede a Losanna) ha dato ragione a Chand e ha sospeso il regolamento sull’iperandroginismo introdotto dall’Associazione internazionale delle federazioni di atletica leggera (IAAF), che era stato applicato al suo caso e che le avrebbe impedito di gareggiare.
Nel maggio del 2011 la IAAF – che è l’organo direttivo dell’atletica in tutto il mondo – aveva stabilito un regolamento sull’iperandrogenismo, in sostituzione dei vecchi test sulla sessualità (ci arriviamo): l’iperandroginismo si verifica quando il corpo di una donna produce naturalmente livelli di ormoni androgeni, compreso il testosterone, così alti da far presumere che ne possa trarre dei vantaggi competitivi. Tra le ragioni della sospensione del regolamento della IAAF da parte del Tribunale arbitrale dello sport c’è però la mancanza di una correlazione scientificamente provata tra un alto livello di testosterone naturale e un vantaggio atletico.
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