Dati recenti riferiscono che il 31% della popolazione mondiale non si attiene alla raccomandazione di svolgere un’attività fisica minima. Anche in Italia, l’istituto Superiore di Sanità e i registri di società del settore confermano che la popolazione adulta dimostra scarsa attitudine alla regolare attività fisica: una percentuale di circa il 40% degli Italiani adulti è sedentaria, con una prevalenza di inattività da parte del sesso femminile.
Ancora più allarmante un’indagine condotta in ambito scolastico: documenta un’inaccettabile prevalenza di sovrappeso e obesità nei bambini della scuola primaria, dovuta ad uno stile di vita scorretto nel quale gioca un ruolo primario la sedentarietà.
La necessità di contrastare l’inattività fisica a livello mondiale è amplificata dal rischio in termini di salute che ciò comporta. Recentemente, è stato dimostrato che il 6-10% di tutti i decessi da malattie non trasmissibili in tutto il mondo può essere attribuito ad inattività fisica. La percentuale è ancora più alta per malattie specifiche (ad esempio, 30% per cardiopatia ischemica). Nel 2007, circa 5,5 milioni di decessi nel mondo dovuti a malattie non trasmissibili potevano teoricamente essere evitati, se le persone inattive fossero state, invece, sufficientemente attive.
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