Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna, chi non sa insegnare insegna educazione fisica (Woody Allen)

domenica 11 marzo 2018

Paralimpiadi invernali 2018, l'Italia in pista senza donne

E' giusto segnalare subito un’anomalia. Meglio ancora: una differenza sostanziale sulla quale sarà il caso di sviluppare una riflessione svincolata dalla cronaca nuda e cruda.
All’Olimpiade invernale di Pyeongchang, l’Italia della neve e del ghiaccio ha espresso il meglio grazie alle sue donne. Le medaglie d’oro di Sofia Goggia in discesa, di Arianna Fontana nello short track e di Michela Moioli nello snowboard hanno legittimamente alimentato la convinzione che qualcosa sia cambiato e stia cambiando nella cultura profonda di un Paese finalmente avviato a valorizzare l’altra metà del cielo. In breve. Quando lo sport è donna, una nazione si rende conto di essere in fuga dal pregiudizio, dalle imbarazzanti appartenenze a modelli di pensiero che simboleggiavano una civiltà arcaica e triste (tradotto: le ragazze stiano in casa a fare la calza, eccetera eccetera). Per questo, è triste constatare che alle Paralimpiadi invernali 2018, che vengono inaugurata oggi, l’Italia non ha iscritto nemmeno una donna. Zero. Significa che persino Luca Pancalli, generoso presidente del movimento paralimpico azzurro, deve continuare a fare i conti con una realtà non semplice. E ci sta di auspicare, d’intesa con il diretto interessato, che sarebbe poi sempre Pancalli, che questa sia l’ultima volta. Fra quattro anni, a Pechino nel 2022, di italiane Paralimpiche in gara dovranno essercene tante. In caso contrario, lo stupore odierno si tradurrebbe in sgomento.
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