Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna, chi non sa insegnare insegna educazione fisica (Woody Allen)

domenica 23 ottobre 2011

Gli alunni di Sedico a lezione di normalità con gli atleti disabili

Per costruire una società più attenta alle esigenze di tutti i suoi componenti, e in cui la parola “normalità” sparisca da ogni vocabolario, serve l'impegno di tutti, ma soprattutto dei bambini. Da attori del futuro spetta a loro imparare quanto sia diventato labile il concetto di “normalità” nel terzo millennio.
Per averne una prova bastava essere ieri al palazzetto dello sport di Sedico, che si è trasformato in una mattina nella palestra della vita grazie a “Disabilità, bambini, sport: una sfida per crescere”, la manifestazione voluta dal presidente dell'associazione Assi Oscar De Pellegrin, da anni impegnato nel diffondere una nuova consapevolezza nei confronti della disabilità. Lo hanno sostenuto il Comune, Giesse gestione sinistri, Binamba, OltreleMenti e I colori dello sport. Nei saluti di rito c'è tutto il senso della manifestazione. «Oggi non ha più senso parlare di cosa sia normale e cosa no, e lo vedrete partecipando a questa mattinata», ha detto il titolare di Giesse Nicola Barchet. «Bastano delle piccole attenzioni per costruire una società migliore per tutti, e che integri nello stesso tessuto sociale persone con disabilità e non», ha aggiunto De Pellegrin. Quello che frena questo processo, ancora oggi, sono quelle che l'olimpionico bellunese definisce «barriere mentali. Il problema non sono solo quelle architettoniche, ma continuare a pensare che una città debba avere delle strutture per i disabili e altre per i normodotati. Non ha senso, facciamo una cosa che vada bene per entrambi, si risparmiano tempo, fatica e risorse». La manifestazione di ieri, quindi, ha voluto dare un input ai ragazzi delle elementari e medie, che hanno potuto vedere, e poi sperimentare di persona, cosa voglia dire fare sport da una carrozzella. Ma sport vero, perché la partita di basket che ha aperto il programma ha fatto vedere che quando si scende in campo lo si fa per vincere. Dopo la dimostrazione degli atleti della Pdm Treviso, è toccato ad alcuni bambini sedersi su una carrozzina e giocare qualche minuto. Uno sport che invece integra persone con disabilità e non è il tiro con l'arco. A darne prova ieri c'erano gli arcieri dei Piave, due normodotati e Oscar De Pellegrin, che ha collezionato una bella serie di “dieci”, tanto per non smentirsi. Al palazzo dello sport c'erano anche Laura Rampini, prima (e finora unica) paracadutista disabile al mondo, e Filippo Lanci, vicecampione italiano di nuoto, disabile dal 2005. La Rampini aveva 22 anni quando un incidente d'auto l'ha costretta sulla sedia a rotelle. «Facevo ballo latino – americano da competizione e rock acrobatico, ma quello del volo è sempre stato un mio sogno», confessa, lei che viene dall'umbra Sigillo, capitale del volo libero. Lo ha realizzato quando pensava di non poterlo fare più. Anche Landi era uno sportivo, e il suo appuntamento col destino è arrivato su una pista da sci, mentre faceva snowboard. Dalla neve è passato all'acqua, togliendosi tante soddisfazioni e portando a casa tante medaglie. Entrambi, come De Pellegrin, sono impegnati nel promuovere una maggiore sensibilità nei confronti della disabilità: «E' importante rivolgersi ai bambini, che possono crescere senza pregiudizi e consci che c'è un unico mondo, in cui viviamo tutti». Un mondo dove però le barriere, quelle fisiche, ci sono ancora: «Si fa ancora troppo poco rispetto a quanto si potrebbe», conclude De Pellegrin.
(fonte: Press-In anno III / n. 2810 - Il Corriere delle Alpi del 23-10-2011)

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