Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna, chi non sa insegnare insegna educazione fisica (Woody Allen)

lunedì 31 maggio 2010

Sassari. L’Abbiccì dello sport: siamo tutti uguali

Diversamente abili e normodotati che fanno sport insieme. Che giocano nella stessa squadra. Senza nessuna differenza. «Yes, we can». È il progetto innovativo di una nuova associazione, unica nel suo genere, nata pochi mesi fa a Sassari: l’Abbiccì.
Una società che si propone di favorire l’integrazione tra ragazzi e ragazze diversamenti abili e coetanei “normali” sfruttando le possibilità, la grande forza aggregante della pratica sportiva. L’attività, nello specifico, è la pallavolo.
Il progetto è partito soltanto pochi mesi fa grazie all’impegno di Stefano Carta, docente di educazione fisica al liceo scientifico Marconi di Sassari e allenatore di pallavolo, ma ha già avuto modo dimostrare la sua validità con la partecipazione dei giovanissimi giocatori dell’associazione alla festa regionale del minivolley che si è tenuta a Cagliari il 23 maggio. «La gioia che si leggeva nei loro volti - racconta Carta - è indescrivibile. Quando hanno visto via Roma trasformata in una miriade di campi da gioco sono impazziti. E nonostante il timore perché è da poco tempo che hanno iniziato ad allenarsi hanno fatto una bella figura». Ma se c’è una cosa che non conta proprio è il risultato. Altri obiettivi, ben più importanti, sono quelli a cui mira l’associazione: «Offrire - spiega il responsabile dell’iniziativa - anche ai bambini diversamenti abili momenti di condivisione, di socializzazione, di esperienze motorie a loro precluse. Bisogna dirlo: le società sportive non li prendono. Al massimo si organizzano giornate, feste di poche ore dedicate esclusivamente a loro. Noi vogliamo evitare ghettizzazioni di questo tipo».
Si ritrovano così tutti insieme in palestra, due volte la settimana, sotto la guida di Stefano Carta. Unica divisione quella in un paio di gruppi a seconda dell’età: da cinque a nove anni e da dieci a tredici per un totale, al momento, di ventiquattro pallavolisti in erba. Tra questi alcuni piccoli atleti diversamente abili. Non ce se ne accorge. Eppure tra quei bambini, quei ragazzi c’è chi ha qualche problema di rapporto con gli altri, di socializzazione. Difficoltà, problemi che in palestra sembrano scomparire come per magia. Momenti che regalano esperienze bellissime e utilissime alla formazione di questi giovanissimi. E non solo ai diversamente abili. Una crescita che riguarda anche gli altri. Bambini che crescono senza pregiudizi saranno uomini senza pregiudizi.
Sport mezzo di integrazione che abbatte le barriere. E la pallavolo sembra riuscirci meglio di altre attività: «I bambini autistici - sottolinea Stefano Carta - fanno più spesso ippoterapia oppure nuoto. Ma non sono sport di squadra dove devono stare a più stretto contatto con gli altri, instaurare un rapporto di fiducia e amicizia. Sono importanti, fanno bene ma non si creano quello spirito di squadra». Come la pallavolo dove la palla non si può tenerla per sè, dove bisogna aver fiducia nei compagni, dove si lotta insieme e si condividono le stesse emozioni. Quelle che ad alcuni sono negate.
Fabio Canessa
(foto: Press-IN anno II / n. 1417 - La Nuova Sardegna del 31-05-2010)
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