Chi sa fare fa, chi non sa fare insegna, chi non sa insegnare insegna educazione fisica (Woody Allen)

mercoledì 19 agosto 2009

La vita in un fischio

di Antonello Catacchio
«Les arbitres» di Yves Hinant, un doc su errori, insulti e famiglia.

Il titolo internazionale non lascia dubbi: Kill the Referee, uccidi l'arbitro. Il titolo originale francese (la produzione è belga) è più anonimo Les Arbitres. L'idea è venuta a Yves Hinant, tanto semplice quanto efficace: puntare l'obiettivo sugli arbitri di calcio anziché sulle partite in generale o su qualche calciatore. Così, d'accordo con l'Uefa di Michel Platini, durante i campionati europei dello scorso anno in Svizzera e Austria, sono scese in campo anche le troupe per raccontare gli arbitri. Nel mirino lo svizzero Massimo Busacca, l'inglese Howard Webb. lo svedese Peter Frojdfeldt, l'italiano Roberto Rosetti e lo spagnolo Manuel Enrique Mejuto Gonzalez. Il microfono è aperto, si parla molto, «molto più di quel che avviene in realtà - specifica Luigi Collina intervenuto a Locarno - evidentemente è stata una scelta quella di privilegiare momenti con molto dialogo».
Scambi di informazioni con i guardalinee, con il quarto uomo, mandato anche a farsi benedire da Busacca che cristona spesso e non gli sembra rilevante l'informazione che di lì a poco potrebbe piovere. Già perché gli arbitri si «allenano» come gli atleti e come loro devono prepararsi anche psicologicamente al match che devono dirigere e quel temporale rischia solo di distrarre.
(...)
Il senso dell'operazione alla fine è proprio questa: cambiare prospettiva, mostrare l'arbitro per quel che è, una persona con babbo, mamma, moglie, figli, parenti, amici, uno che può anche sbagliare e dio solo sa quanto ha paura che questo avvenga. Il loro sogno è che alla fine della partita non si parli dell'arbitro perché allora vuol dire che tutto è filato liscio. Non sempre succede, ma vederli all'opera nel film aiuta a capire la loro tensione.
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